By Published On: 29 Febbraio 2016Categories: Lettere

Lettere – Cirinnà, in Senato si è consumata una brutta pagina

Giovedì è stata approvata al Senato, a larga maggioranza, la legge che finalmente affronta la questione delle unioni che nascono e vivono fuori dal matrimonio. Non era scontato: per anni ci si è rifiutati di riconoscere questi legami e i diritti che ne derivano, per anni il ‘bel Paese’ ha dato prova di assoluto immobilismo rimanendo in scomoda compagnia di pochi altri: Bulgaria, Grecia, Malta,  Romania e, solo poco più in là, la Turchia.

Con l’approvazione definitiva del DDL Cirinnà anche le coppie omosessuali conviventi e registrate presso l’Ufficio di Stato Civile avranno il diritto alla reversibilità della pensione, all’eredità, al mantenimento e agli alimenti, l’obbligo di assistenza morale e materiale, il diritto al congedo matrimoniale e agli assegni familiari, il diritto alla cura e alle decisioni sulla salute in caso di incapacità, il diritto di assumere il cognome di uno dei partner, il diritto di concordare l’indirizzo della vita familiare e di stabilire una residenza comune.

Eppure, quella di ieri, non è stata giornata gioiosa, non vi è stata possibilità di festeggiare il  risultato raggiunto perché si è trattato, anche stavolta, del solito pastrocchio tra i tanti pastrocchi italiani di cui avremmo fatto volentieri a meno. Perché se è pur vero che le coppie riconosciute al di fuori del matrimonio godranno di alcuni diritti, pesano come macigni gli stralci cui è stata sottoposta la proposta di legge Cirinnà e la strada che la maggioranza ha deciso di percorrere abbandonando il voto di coscienza per ‘blindare’ un compromesso al ribasso col voto di fiducia.

Il Nuovo Centro Destra, da sempre non propriamente illuminato in tema di diritti civili, ha aumentato la posta in gioco riuscendo ad arrivare all’esclusione della previsione del ‘reciproco dovere di fedeltà’ in un voler rimarcare, ancora una volta,  la differenza tra il matrimonio che unisce persone eterosessuali, le uniche capaci di un patto millenario di fedeltà nella loro relazione, e un’unione omosessuale, nella quale ai protagonisti viene attribuita una presunta incapacità a dare vita a una relazione duratura ed esclusiva. Il tutto attraverso un dibattito che si è svolto in modo sterile e offensivo, addirittura attribuendosi il merito di un salvataggio (di chi?) da pericolosissime ‘rivoluzioni antropologiche contro natura’, quando, invece, bisognerebbe avere la saggezza e la capacità di intervenire, a maggior ragione da parte del legislatore, solo ‘in punta di piedi’ nella vita e nelle relazioni private tra le persone.

Ma ben di più pesa il trattamento riservato alle bambine e ai bambini che già vivono in una famiglia ‘arcobaleno’ con lo stralcio dal DDL Cirinnà del ‘famoso’ articolo 5 in quale prevedeva la possibilità (non il diritto) di adozione del figlio del partner previo giudizio positivo da parte del giudice del Tribunale dei minori. Si è strumentalmente voluto spostare il dibattito sulla maternità surrogata, vietata in Italia e tema complesso assai, per evitare di confrontarsi nel merito della proposta Cirinnà e dimenticandosi proprio di quei bambini che si è continuato ad affermare di voler tutelare. Non bambini inesistenti, come se appartenessero  a una nuova categoria tutta da inventare, piuttosto bambine e bambini che esistono, sono vivi,  giocano, corrono, studiano, sono felici e si sbucciano le ginocchia quando cadono tanto quanto i figli delle famiglie con genitori eterosessuali ma che, nel caso di morte del solo genitore biologico, l’unico che la legge continuerà a riconoscere come tale, potrebbero essere costretti ad abbandonare anche l’uomo o la donna che li hanno cresciuti come figli e che loro amano in quanto figli in mancanza di un legame riconosciuto dalla legge italiana. Si tratta di una norma violenta, discriminatoria, che basa la sua ragione di esistere su un concetto di famiglia naturale che non ha corrispondenza, oggi, nella vita reale e che non trova legittimazione alcuna. Non si tratta di inventarsi legami inesistenti, ma semplicemente di riconoscere l’esistenza di legami che già ci sono, a condizione di volerli vedere.

Invece,  continuerà a essere la magistratura, cui i proponenti dell’abolizione dell’articolo 5 volevano pure togliere competenza per decidere nel merito, a coprire il vuoto lasciato dal legislatore per pavidità, per strategia o incapacità politica, per quella miopia che non ha consentito al nostro paese, neppure stavolta, di recuperare, in tema di diritti civili (tutto) il ritardo accumulato in questi anni.

Bene hanno fatto le Senatrici ed i Senatori di Sinistra Italiana a non votare la fiducia posta dal Governo sul ‘maxi emendamento’ al DDL Cirinnà, non solo per la metodologia utilizzata – in pochi giorni si è passati, assurdamente, dalla libertà di coscienza al voto di fiducia – ma soprattutto per il merito della questione, questione delicata, volutamente scivolata in un dibattito volgare e offensivo, nel quale sono state dette le peggiori nefandezze intorno a relazioni importanti costruite sull’amore.

Giovedì, in Senato, si è consumata una brutta pagina, con un accordo tutto interno al Governo, un ‘patto’ tra centrodestra e PD, che ha visto Verdini e i suoi farla da protagonisti, pronti a rivendicare domani mattina la loro ‘essenzialità’.

L’augurio è, naturalmente, che alla Camera dei Deputati si possa fare qualcosa in più e di meglio ma se così non fosse, ci si troverà nuovamente ai nastri di partenza, sempre molto lontani dal traguardo di un Paese che riconosca, davvero, pari dignità e pari diritti alle persone, senza discriminazione alcuna, e pari dignità alle formazioni sociali nelle quali ognuno ‘svolge la sua personalità’ come prevede l’articolo 2 della Costituzione Italiana.

SEL per Lodi e SEL del Lodigiano

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