By Published On: 31 Agosto 2012Categories: Attualità

Lettere al Direttore – Lavoro e imprese: preoccupazioni degli Artigiani per la ripresa autunnale, parla Mauro Sangalli

Riflessioni al rientro: preoccupazioni reali e un invito forte a ‘fare squadra’ per la ripresa…

E’ tempo di rientri, bilanci e, soprattutto, previsioni… sempre più difficili. La ripresa di settembre e l’autunno ci preoccupano. Due le riflessioni che mi sento di fare di primo acchito: il Lodigiano è ancora in piena crisi e, purtroppo, ci vorranno diversi anni per raggiungere i livelli di equilibrio precedenti al 2008.

Le microimprese – quante volte ce lo siamo già detto! – sono le più esposte al rischio. E questo vale anche per le realtà che sinora hanno tenuto di fronte alle oscillazioni delle commesse e alle richieste di realizzazione lavori in tempi prima impensabili. Spesso, per poter lavorare, gli imprenditori accettano di anticipare i soldi per materiali, attività e servizi forniti da altre ditte.

Farsi pagare è sempre più difficile e il livello di sofferenza delle imprese sta diventando insopportabile: un vero e proprio Far West in cui ogni regola, economica, ma anche etica, è saltata. Se poi qualcuno decide di non saldare alcun debito per qualsiasi motivo, non c’è nulla da fare: nel nostro Paese i furbetti risultano molto più tutelati degli imprenditori corretti.

Fioccano i contenziosi per fallimenti, decreti ingiuntivi, srl che si volatilizzano… per non dire del paradosso dei tribunali che, di norma, affidano la custodia dei beni pignorati allo stesso debitore che, nella maggior parte dei casi, li vende per ‘fare cassa’ togliendo al creditore ogni possibilità di recuperare il credito.

Tutto questo crea gravi conseguenze sul tessuto imprenditoriale della piccola e media impresa. Innanzitutto il rischio di ‘mordersi continuamente la coda’, perché l’imprenditore è costretto a sua volta a dilazionare le fatture ai fornitori e ad indebitarsi chiedendo prestiti alle banche e riducendo gli investimenti aziendali.

Le piccole aziende che lavorano conto terzi sono stremate. Il loro fatturato si è dimezzato. Non si vede un futuro; solo chi ha operato su mercati internazionali ha potuto arginare in parte il dissesto economico. Spesso sono le nostre grandi aziende che, lavorando meno, trattengono all’interno della fabbrica tutto il lavoro. Così facendo riescono a sopravvivere, ma di fatto decretano la morte lenta di tutto il loro indotto, costituito da manodopera altamente specializzata.

Che dire di tutta la filiera dell’edilizia, che sembra faticare più degli altri per contrazioni sia nella domanda che nel fatturato?

E del settore dei servizi alle cose e alle persone, che pure presenta segnali negativi: un dato che ci deve fare riflettere, perché sempre più legato alla stagnazione dei consumi.

Intanto c’è da augurarsi che, dopo i tanti sacrifici (un ‘percorso di guerra’ lo ha definito il premier Monti) richiesti al Paese per superare la congiuntura attuale, anche le difficoltà quotidiane delle piccole imprese siano prese in considerazione da chi è chiamato a risollevare le sorti del PAESE. Gli artigiani non sono abituati a chiedere, non vogliono assistenza, tantomeno assistenzialismo: RECLAMANO però la legittima possibilità di lavorare in un contesto più attento alle loro professionalità.

Non conosco  la ricetta per uscire da questa situazione, ma credo che non si possa più prescindere dalla ricerca di un clima costruttivo di dialogo e collaborazione tra istituzioni, associazioni di categoria, sindacati, sistema del credito e scuola-formazione.

Serve una maggiore apertura da parte degli istituti di credito. Ora più che mai bisogna trovare massima collaborazione da parte del sistema creditizio. Si direbbe quasi che il credito sia diventato una ‘merce rara’, ma negarlo significa ignorare un bisogno reale che, in questa fase, per imprese e  famiglie, è prezioso come l’acqua nel deserto.

Molti, troppi imprenditori sono costretti ad indebitarsi per far fronte alle esigenze di liquidità causate dai ritardi dei pagamenti. E questo non permette loro di destinare risorse in ambiti più strategici e competitivi, ad esempio quello degli investimenti. Bisogna riconoscere che le banche locali, Banca Popolare di Lodi e le varie BCC in primis, stanno lavorando in questa direzione supportati dal sistema dei confidi. Ma anche qui, lo ribadisco, possono e devono fare di più.

Per quando riguarda gli imprenditori è necessario che cambino il modo di fare impresa. Non è più possibile puntare soltanto su flessibilità, qualità e innovazione, ma diventa sempre più strategico saper ‘fare squadra’ abbandonando l’individualismo che notoriamente caratterizza l’imprenditore artigiano. Non sarà facile, ma questa è l’unica strada percorribile per arrivare ad un cambiamento culturale.

E per quanto riguarda poi il gap occupazionale di questi ultimi anni, è necessario che sul nostro territorio si insedino nuove realtà industriali (non solo logistiche come è avvenuto recentemente) di medie dimensioni che possano portare  indotto anche alle piccole realtà produttive.

Gli aspetti critici da monitorare dovranno riguardare soprattutto gli oneri di insediamento, i criteri di utilizzo delle aree disponibili e  la velocità dei procedimenti burocratici. Mi pare che proprio su questo fronte si stia incominciando a lavorare, come nel caso di Fiera EIRE e del progetto ASTER.

A causa di questa crisi il territorio è diventato, ora piu’ che mai, ‘IL LUOGO’ in cui si decide il successo economico e sociale di una comunità. Non c’è più tempo da perdere! Occorre cambiar marcia TUTTI, noi compresi. Stiamo giocando una partita decisiva e non possiamo permetterci di perderla: NON DIMENTICHIAMOLO!

Mauro Sangalli

Segretario Generale UNIONE ARTIGIANI LODI E PROVINCIA

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