Mercoledì 15 ottobre alle ore 18.00 presso la Sala Videowall della BCC Centropadana in corso Roma 100 è in programma “𝘿𝙪𝙚 𝙨𝙩𝙤𝙧𝙞𝙚 𝙨𝙞𝙘𝙞𝙡𝙞𝙖𝙣𝙚”. Una nuova esperienza che si fonda sulla creazione di sinergie, una collaborazione che coinvolge Valerio Esposti (giornalista e autore), il prof. Walter Pazzaia (storico dell’arte), e il gruppo “Di Voce in Voce” di Lodi composto da Elena Zaini, Enrica Gioia e Sabrina Aresu.
Il pubblico assisterà a un incontro basato sulla formula Talk e reading, dedicato a due personalità: Renato Guttuso, artista e pittore, e Giuseppe Tallarita, vittima innocente di mafia. Due storie a confronto che riguardano figure differenti, che sono tuttavia accomunate dall’intenso legame con la loro terra: la Sicilia.
Nella prima parte il prof. Walter Pazzaia interverrà in merito agli aspetti artistici ma anche umani e sociali di Renato Guttuso, delineandone i principali tratti. A seguire, Valerio Esposti traccerà le caratteristiche salienti di un uomo semplice e operoso, Giuseppe Tallarita; il gruppo “Di Voce in Voce” eseguirà alcune brevi letture estrapolate dal libro scritto dall’autore, “Un sogno spezzato”. Durata prevista: 70 minuti.
Ingresso libero fino a esaurimento posti. L’iniziativa è ospitata dalla BCC Centropadana.
Renato Guttuso (1911 – 1987)
Insieme a Burri, de Chirico e Fontana, Renato Guttuso è stato senza dubbio uno dei più grandi protagonisti dell’Arte italiana del ‘900. Per la sua pittura energica e cromaticamente vibrante la critica lo ha spesso incluso nella categoria degli “espressionisti” ma in realtà il suo è stato un linguaggio che è andato oltre le classificazioni, per inserirsi in un contesto fortemente caratterizzato dal profondo legame che da un lato lo legava alla Sicilia, sua terra d’origine, e dall’altro dal forte impegno politico che ha svolto sia come senatore della Repubblica per il Partito Comunista Italiano, sia come autore di importanti opere pittoriche e grafiche che a buon diritto fanno parte del patrimonio culturale e sociale del nostro Paese.
Giuseppe Tallarita (1924 – 1990)
Era un pensionato, ex impiegato al petrolchimico di Gela. Aveva 66 anni e un amore smisurato per la sua famiglia: la moglie, i figli e gli adorati nipoti. Abitava a Butera, un piccolo centro in provincia di Caltanissetta. Fece enormi sacrifici e investì ingenti risorse in un terreno di campagna; al centro del podere dominava una casa che divenne il luogo in cui custodire i momenti e gli affetti più cari. Fu trovato morto il 28 settembre 1990 di fronte alla sua tenuta. Lo ammazzarono due killer della “Stidda” (la cosiddetta ‘quinta mafia’); il mandante era l’allora pastore che qualche anno prima si vide rifiutare il transito abusivo del gregge, più volte reiterato nel tempo. Quel rifiuto, a distanza di anni, fu pagato con la vita. Un uomo semplice e giusto, ucciso per non avere ceduto alla prepotenza.